Ci siamo lasciati alle spalle ormai da un mese le festività natalizie e per alcuni di noi, tornare alla normalità, è stata una delle cose davvero più confortanti!
Christmas Blues
Le feste natalizie non rappresentano per tutti un periodo piacevole, al contrario possono diventare un momento di grande stress. Gli anglosassoni lo definiscono “Christmas Blues“ o depressione natalizia: non si tratta di una depressione vera e propria ma di uno stato di tristezza generalizzato accompagnato spesso da ansia, disturbi del sonno con la comparsa anche di alcuni disturbi somatici, dal mal di testa al mal di pancia all’aumento della pressione sanguigna.
Sensazione di pressione
Il periodo natalizio ci fa vivere sotto una sorta di pressione: ci si sente quasi obbligati a partecipare ad un circolo vizioso di impegni e convenzioni sociali a cui spesso non riusciamo a dire di no. Ci sono quei parenti con cui non siamo mai andati d’accordo ma “è Natale” e quindi abbiamo dovuto sorridergli e scambiarci gli auguri. Non avremmo potuto permetterci di fare grandi acquisti ma “è Natale” e quindi giù a comprare regali con la preoccupazione di non deludere chi li riceve. Avremmo voluto approfittare della pausa dal lavoro per poterci davvero riposare e dedicarci un po’ a noi stessi ma “è Natale” e quindi bisogna essere in linea con “lo spirito natalizio” e “stare in compagnia” anche delle persone che non vedi da tempo (e in effetti per alcune di loro ci sarà pure una ragione per cui non le vedi, no?).
Se pensiamo poi a chi già di per sé sta vivendo un momento difficile (chi ha appena perso il lavoro o sta vivendo un lutto importante) non è difficile immaginare come si possa percepire il peso ulteriore delle festività.
Come non farci schiacciare?
Se questo (ed altro ancora) ci succede di vivere ogni anno con l’arrivo del Natale, ci sarà un rimedio per non arrivare al 7 di gennaio completamente esausti e con la voglia di fuggire via su un’isola deserta? Io direi di si e aggiungerei anche che si tratta di un rimedio a cui ricorrere ogni volta che ne sentiamo il bisogno e a dosi piuttosto elevate: si chiama “imparare ad ascoltarsi”. In cosa consiste? Essenzialmente nel chiedere a sé stessi come ci si sente, quale emozione stiamo vivendo in un preciso momento e, una volta individuata, provare ad assecondarla. Se ad esempio stiamo provando tristezza, che è un’emozione di certo non piacevole, potremmo provare comunque ad accoglierla. Lasciar fluire dentro di noi le sfumature emotive del momento, ci permette di scegliere consapevolmente di evitare situazioni sociali forzate, scegliendo per esempio di stare in compagnia solo di persone che possano accoglierci per come stiamo e ci sentiamo.
Di cosa ho bisogno?
Ascoltarsi vuol dire anche assecondare quello di cui abbiamo bisogno, in accordo il più possibile con lo stato d’animo del momento. Se proviamo a connetterci con quello che sentiamo, risulterà più semplice trovare ciascuno il proprio modo di alleviare il peso che si sente. Quali sono le attività che solitamente ci fanno star bene? C’è chi ama passeggiare nella natura, lavorare a maglia, meditare, praticare sport, leggere, scrivere o fare volontariato. Sembrano attività banali ma quante volte davvero ci concediamo di fare le cose che realmente ci danno piacere? Qual è il tempo che ci permettiamo di spendere solo per noi stessi, al di là dei “doveri” del quotidiano? Cosa succede quando intorno a noi circola una atmosfera festiva che non combacia esattamente con il nostro sentire? Declinare un invito non significa necessariamente offendere l’altro bensì accogliere il sentire del momento che stiamo vivendo e mettere i confini del proprio spazio personale. Dire sempre di si all’altro diventa dire sempre di no a noi stessi, negandoci ogni volta una parte di spazio che ci appartiene. E questo, alla lunga, ci toglie rispetto e spazio vitale.
Cosa voglio davvero
Ascoltarsi diventa allora anche occasione di ricerca, per capire cosa ci fa bene e cosa no. E’ da qui che si comincia a dare il primo passo verso un piccolo viaggio interiore che ci permette di conoscere meglio chi siamo e cosa desideriamo davvero.
E’ un percorso che in molti casi possiamo fare da soli e con le risorse che abbiamo a disposizione. In altri casi è utile scegliere come “compagno di viaggio” un professionista della relazione d’aiuto (psicologo, psicoterapeuta) che possa farci orientare meglio nella ricerca di quegli strumenti interiori che tutti abbiamo ma che spesso non riusciamo a riconoscere e, quindi, a utilizzare nella prospettiva di un cambiamento.
Non mi resta che augurare a tutti un buon viaggio e un anno ricco di scoperte interessanti!